Ciao,
oggi vi parlo di “Call Me Kuchu“, un documentario americano uscito nel 2012, co-diretto dalla fotografa Katherine Fairfax Wright e dalla giornalista televisiva Malika Zouhall-Worrall.
Il film esplora le lotte della comunità LGBT in Uganda, paese caratterizzato da un ambiente fortemente omofobico e denso di fanatismo cristiano: alcuni gruppi religiosi stanno cercando di far passare una legge anti-omosessualità, che prevede l’incarcerazione per gli omosessuali (chiamati “kuchus”) fino ad arrivare alla pena di morte per i gay sieropositivi.
In uno stato in cui il 95% della popolazione accetta la criminalizzazione dell’omosessualità, un gruppo di attivisti LGBT si sta battendo per impedire che questo disegno di legge venga approvato. Il film descrive in parte la vita di David Katos, primo attivista dichiaratamente gay dell’Uganda, e dei suoi colleghi. La sua è una vita costantemente pervasa dalla paura di subire un attacco, ma è caratterizzata anche da momenti di festa e felicità. Il film mostra sermoni sarcastici e colmi d’odio dei fanatici cristiani, ma ci fa anche conoscere il vescovo Christopher Senyonjo, l’unico esponente del clero a porsi dalla parte della vessata comunità omosessuale ugandese, offrendo ai gay la sua protezione durante gli attacchi.
Gli eventi prendono una piega tragica quando, il 26 gennaio 2011, David Katos muore in seguito a un’aggressione subita in casa sua. L’attivista aveva recentemente vinto una causa contro una rivista ugandese che aveva pubblicato il suo nome, insieme a quello di altre 100 persone, identificandolo come omosessuale e chiedendone per questo l’assassinio. Quando, al funerale di Katos, il parroco inizia a recitare un sermone anti-gay, citando Sodoma e Gomorra, Senyonjo (scomunicato dalla Chiesa Anglicana d’Uganda) si fa avanti ancora una volta per dare a Kato una degna sepoltura e per sedare i tumulti della comunità.
“Call me kuchu” ha partecipato a numerosi festival, ricevendo diversi riconoscimenti. Al Film Festival Internazionale di Berlino 2012 si è aggiudicato il Teddy Award per il miglior film documentario con la seguente motivazione:
“La giuria apprezza una storia attuale, intelligentemente e intensamente raccontata, onorando la vita e l’esemplare coraggio di un eroe di tutti i giorni mentre ci espone scioccanti violazioni dei diritti umani. Il suo messaggio è valido a livello globale ed è un invito all’azione”.
c.
“Call me Kuchu”
di Katherine Fairfax Wright e Malika Zouhall-Worrall
USA/Uganda 2012, durata 87 min
Sito Web: http://www.callmekuchu.com/