Che sensazione il primo novembre…
Sono andato a fare un giro al cimitero e come sempre la testa ha iniziato a fare i conti, le età, le date, nascita e morte, il tempo che passa, una persona che “ti ricordi”essere morta da poco magari è morta da 12 anni (me ne sono accorto ieri a proposito di un amico).
E poi ci sono quelli che pensavi fossero ancora in vita mentre poi te li vedi spuntare da una foto, in genere sorridenti, come a testimoniare che “siamo così perché stiamo meglio di come… stavamo”.
Che strani pensieri.
Il tempo che passa, le persone che vengono meno e, cosa che capita molto più facilmente in un paese dove “ci si conosce tutti”, ogni anno sono sempre di più gli sguardi che ti guardano e che conoscevi, le persone con cui hai parlato, vissuto magari delle serate in compagnia e non sapevi che invece…
Ho “rivisto” la madre di una mia amica, con la quale avevo diviso i giorni dello studio alle medie e anche alcune serate e cene. Ma anche il padre di un mio amico, a casa del quale ci sono andato per anni.
So che è un discorso normale, ma sono sempre di più le persone che conoscevo, quelle del mio passato, a popolare questo luogo rispetto a tutta una miriade di sconosciuti che vedevo fino a qualche anno fa. Allora era come sfogliare un album di fotografie di altri tempi, ora è come un libro su chi ha abitato il paese in cui sei nato e cresciuto. Come se il mio paese si stesse ricreando, sottoterra o non so bene dove, quasi aspettandomi.
Non abbiamo il concetto di morte come quella ad es. di Tim Burton (vedi “La sposa cadavere”) dove le persone che vivono meglio sono appunto i morti, come se quella fosse davvero la “miglior vita” ma, andando avanti con gli anni e con l’aumentare delle persone che mi attendono, inizio a crederlo sempre di più.
E’ venuto meno il senso di paura ad es. (o di disagio) che mi accompagnava quando da piccolo andavo al cimitero. Vero è che ci vado poco, ma oggi, il mio giro sul cimitero, ha più il senso di una “visita” invece che di un momento triste.
giannolo, 03.11.2011
da leggere come fossimo ad un funerale inglese o americano dove ci si ritrova a ricordare chi è morto, mangiando.